Dedalus punta al miliardo nei software per la sanità

Dedalus punta al miliardo nei software per la sanità

Passare da un’azienda a un’altra, portando con sé dalla prima un business in grado di raddoppiare – o quasi – il giro d’affari della seconda. Può essere raccontato così l’arrivo nell’estate del 2020 di Andrea Fiumicelli al vertice di un gruppo italiano specializzato nei software per il sistema sanitario, che si chiama Dedalus. Nel giugno dello scorso anno Dedalus, fondata nel 1982 da Giorgio Moretti, medico con la passione dell’informatica, aveva annunciato la nomina ad amministratore delegato di Fiumicelli, classe 1960, una laurea in fisica a Genova e lunghi anni di lavoro all’estero in diverse multinazionali. Poche settimane dopo, in luglio, Dedalus aveva raggiunto un accordo vincolante per acquisire la divisione dei software per il settore della salute dell’americana DXC Technology, che proprio Fiumicelli aveva guidato fino ad allora. Risultato: Dedalus ha completato un percorso di crescita che l’ha portata dai 202 milioni di ricavi del 2019 ai 461 milioni del 2020, per proiettarla in questo 2021 verso quota 760 milioni.

«Negli ospedali i software si sono stratificati sempre più e oggi in una singola struttura convive una trentina di sistemi informatici – dalle prenotazioni alla gestione delle cartelle cliniche – che faticano a dialogare tra loro. Dedalus è sempre stata all’avanguardia in questo settore anche se, fino al 2015, era concentrata sul mercato italiano», spiega Fiumicelli. La svolta arriva con l’ingresso del fondo francese Ardian, che nel 2016 rileva il 60%. «In quel periodo l’azienda aveva iniziato a realizzare che il mercato era troppo parcellizzato per sostenere gli investimenti necessari: basta pensare allo studio del Genoma umano e alla personalizzazione delle cure, un’evoluzione che richiede enormi capacità di calcolo», dice Fiumicelli.

Sono due le acquisizioni che permettono a Dedalus di coltivare l’ambizione di diventare il campione Europeo della trasformazione digitale nel settore socio-sanitario. La prima arriva nel maggio del 2020, quando vengono comprate dalla tedesca Agfa le attività di information technology nel settore clinico e i sistemi di “imaging” diagnostico. L’esborso è di 975 milioni. Due mesi dopo, arriva l’acquisizione delle attività di DXC, finalizzata nel 2021 per 525 milioni di dollari. Se Agfa era forte in Europa centrale, le attività di DXC danno a Dedalus posizioni cruciali nel Regno Unito, Australia, Nuova Zelanda e in America Latina. Il gruppo cambia forma e dimensioni: «La mia fortuna è di aver lavorato tempo fa anche in Agfa, oltre che in DXC, dove ho guidato fin dai primi passi lo sviluppo della divisione healthcare acquistata da Dedalus», sottolinea Fiumicelli.

L’espansione è stata finanziata da un aumento di capitale da 800 milioni e da un finanziamento bancario da 1,2 miliardi. L’aumento degli oneri finanziari e di quelli straordinari hanno mandato in rosso l’ultimo bilancio (per 54 milioni) ma il margine operativo lordo quest’anno supererà i 200 milioni, dai 60 del 2019. «Non ci siamo certo fermati: cresciamo a livello organico del 10% l’anno e abbiamo già acquistato altre specialità, entrambe in Germania: un’attività nella farmaco-vigilanza, che elabora le informazioni sulle interazioni chimiche dei medicinali nei casi clinici individuali, e una nella diagnostica in vitro. L’obiettivo è raggiungere il miliardo di fatturato in due anni.

La nascita della nuova multinazionale non è passata inosservata sul mercato dei capitali. A maggio l’Abu Dhabi Investment Authority (Adia) ha acquistato una partecipazione di minoranza da Ardian, che nell’aumento di capitale del 2020 era salita (al 75%). Giorgio Moretti resta presidente, nonché azionista con il 25%. Considerando la natura di investitori finanziari di Ardian e Adia è possibile ipotizzare una quotazione in Borsa nel giro di 4-5 anni. «È un’ipotesi legittima, accanto ad altre», dice Fiumicelli, «ma prima abbiamo ancora molto su cui lavorare».

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